Come preservare la fertilità del paziente oncologico

Il modello di collaborazione Hub & Spoke viene interpellato ogni qualvolta in medicina vi è la necessità di ricorrere a competenze specialistiche complementari non erogabili dall’ospedale che ha in cura il paziente. È un modello che si basa sulla collaborazione fra strutture ospedaliere differenti per la cura di patologie complesse, ed è un ambito nel quale pubblico e privato si trovano spesso a interagire.

Grazie a questo modello, l’ospedale A. Manzoni di Lecco e il Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi, presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza del Gruppo San Donato, hanno collaborato con successo, consentendo ad una paziente oncologica in età fertile di poter accedere ai trattamenti di preservazione della fertilità.

La paziente, ricoverata nel reparto di ematologia dell’ospedale lecchese, è stata seguita dalla struttura pubblica a partire dalle fasi iniziali della procedura di preservazione della fertilità fino al monitoraggio ecografico, con il quale si è individuato il momento corretto per procedere con il prelievo degli ovociti. Per questo aspetto, la paziente è stata seguita da Biogenesi a Monza, dove gli ovociti prelevati verranno conservati grazie alla crioconservazione.

«Le terapie per le patologie oncologiche possono avere effetti negativi sulla fertilità di donne e uomini – ha ricordato il Professor Mario Mignini Renzini, professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e Responsabile di Biogenesi – È importante spiegare ai pazienti oncologici che esistono tecniche, come la crioconservazione di ovociti e spermatozoi, per favorire la preservazione della fertilità. Questi trattamenti sono utili anche per tutte quelle donne in età fertile che non si trovano nelle condizioni di programmare una gravidanza nell’immediato. Promuovere il ricorso a questi trattamenti è molto importante in un Paese come il nostro, dove il fenomeno della denatalità sta assumendo dimensioni preoccupanti – ha chiosato il professor Mignini Renzini – Presso il nostro Centro l’accesso ai trattamenti di procreazione assistita, fatta eccezione per la crioconservazione dei gameti, è garantito a tutti, in quanto avviene in convenzione con il SSN e senza liste di attesa, in considerazione del fatto che il tempo è cruciale per la fertilità femminile e di coppia».

È del mese scorso l’annuncio della modella italiana Bianca Balti di avere un cancro ovarico, il settimo tipo di tumore femminile più diffuso a livello globale.

Uno dei fattori di rischio è rappresentato dalla mutazione del gene Brca1, diagnosticata anche a Bianca Balti. Nel 2022, la modella italiana aveva reso noto di essere portatrice di questa mutazione genetica e, in seguito, aveva deciso di intraprendere un percorso di prevenzione, sottoponendosi a una doppia mastectomia. Aveva inoltre annunciato di avere fatto ricorso alla crioconservazione degli ovociti, con l’obiettivo di preservare i suoi ovociti per una possibile gravidanza in futuro, mediante trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA).

L’annuncio di Bianca Balti sulla propria patologia ha riaperto la discussione sulla relazione tra la stimolazione ormonale per la conservazione degli ovociti e l’aumento del rischio di insorgenza di tumore ovarico. «La stimolazione ovarica è parte dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita e avviene mediante la somministrazione di farmaci che contengono gli stessi ormoni che fisiologicamente stimolano l’ovulazione – ha spiegato il professor Mignini Renzini – È finalizzata a fare maturare un numero adeguato di follicoli per potere poi prelevare gli ovociti che verranno crioconservati e impiegati successivamente nei trattamenti di PMA. Il momento corretto di tale prelievo viene determinato grazie all’effettuazione di esami ematologici ed ecografie pelviche».

Al falso mito che le terapie ormonali per la crioconservazione degli ovociti possano essere una concausa del tumore ovarico della modella italiana, il professor Mignini Renzini contrappone il dato che «non ci sono evidenze scientifiche di una correlazione tra il cancro ovarico e la stimolazione finalizzata alla crioconservazione degli ovociti. Anzi, questo percorso viene indicato come forma preventiva per preservare la propria fertilità proprio in caso di diagnosi di patologie oncologiche, tra cui il tumore all’ovaio, o prima dell’asportazione delle ovaie a seguito dell’individuazione della mutazione dei geni Brca1 e Brca2. Le pazienti che vogliono sottoporsi a questo trattamento per concedersi maggiori possibilità di realizzare il desiderio di maternità possono quindi farlo con serenità, rivolgendosi a ginecologi esperti di medicina della riproduzione, che individueranno il percorso migliore per la paziente».

il Professor Mario Mignini Renzini, professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e Responsabile di Biogenesi
Il Professor Mario Mignini Renzini, professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e Responsabile di Biogenesi.